PRIMA VISITA OSTETRICA
Consigliata alla sesta settimana dall’inizio dell’ultimo ciclo mestruale. Consente di verificare la sede della gravidanza, la vitalità dell’embrione e se si tratta di gravidanza gemellare. Il ginecologo fa il punto sulle condizioni di salute della mamma per valutare eventuali fattori di rischio. Vengono date quindi indicazioni sulle visite successive, di solito con frequenza mensile, e sugli esami da effettuare, prescritti durante la visita.
ECOGRAFIA DEL PRIMO TRIMESTRE CON TRANSLUCENZA NUCALE TRA 11 E 13 SETTIMANE
Oltre a verificare la corrispondenza tra la crescita del feto e la datazione della gravidanza, si effettua la misurazione della translucenza nucale (spessore dello spazio compreso tra la cute della nuca e la colonna vertebrale del feto). Questo valore è un indicatore di rischio di anomalia cromosomica e/o di cardiopatia fetale. Di solito si consiglia di associare un prelievo di sangue della mamma che migliora l’affidabilità dell’ecografia (bi test).
NIPT NON INVASIVE PRENATAL TEST
Dopo la 10a settimana di gravidanza, con un prelievo di sangue materno, è possibile ottenere dna libero di origine fetale. Il test del dna fetale consente di valutare la probabilità che il feto sia portatore di un’anomalia di numero dei cromosomi con un’accuratezza superiore al 95%. Qualora dal test risultasse un rischio aumentato la coppia valuterà la possibilità di sottoporsi ad esami invasivi (villocentesi ed amniocentesi) per confermare il sospetto diagnostico.
ECOGRAFIA MORFOLOGICA TRA 19 E 21 SETTIMANE
L’ecografia del secondo trimestre consente di misurare alcune parti del corpo fetale per confrontarle con curve di riferimento per quell’epoca gestazionale in modo da valutare lo stato di salute generale del feto ed escludere anomalie maggiori.
CURVA GLICEMICA TRA 24 E 28 SETTIMANE
È un test che prevede tre prelievi di sangue materno dopo carico di glucosio assunto per via orale per escludere la diagnosi di diabete in gravidanza.
TAMPONE VAGINO-RETTALE PER STREPTOCOCCO TRA 36 E 37 SETTIMANE
Tramite un tampone vagino-rettale si rileva un batterio (streptococco bemolitico di gruppo B) che può colonizzare il tratto gastroenterico e/o genito-urinario della gestante. Pur essendo la mamma il più delle volte asintomatica, può causare se non trattato gravi infezioni neonatali come setticemia, polmonite e meningite. La terapia antibiotica si somministra alla mamma in travaglio.
DIAGNOSI PRENATALE NON INVASIVA:
TEST COMBINATO: tra la 11a e la 13a settimana
Questa tecnica di diagnosi prenatale comprende due prestazioni: la prima è la translucenza nucale, un esame ecografico che valuta lo spessore di uno spazio presente dietro alla nuca del feto, mentre la seconda è il bi-test, un prelievo di sangue che permette di misurare la concentrazione degli ormoni: gonadotropina corionica umana (beta Hcg) e proteina A plasmatica (PAPP-A). I valori ottenuti con questi due test vengono incrociati con l'età materna da un software specifico, in grado di stimare il rischio che il feto possa essere affetto da un'anomalia cromosomica, come la sindrome di Down (trisomia 21), la sindrome di Edwards (trisomia 18) o la sindrome di Patau (trisomia 13). In caso di test positivo, si può procedere con una consulenza genetica e ulteriori approfondimenti diagnostici, come villocentesi e amniocentesi. Il test combinato non è obbligatorio.
TEST DEL DNA FETALE: dopo la 10a settimana
Nel primo trimestre di gravidanza, nel circolo sanguigno della gestante è già presente il Dna di origine fetale: questo può essere prelevato in maniera non invasiva e analizzato per individuare eventuali anomalie cromosomiche, quali la sindrome di Down, la sindrome di Edwards o la sindrome di Patau. Inoltre, con questo test, è possibile individuare anche il sesso fetale e alcune alterazioni dei cromosomi sessuali, come la sindrome di Turner e la sindrome di Klinefelter. Qualora risultasse un rischio aumentato, è sempre bene convocare la coppia, spiegare che cosa si evidenzia nell'esame effettuato e valutare la possibilità di sottoporsi ad esami invasivi, cioè villocentesi e amniocentesi, per confermare la diagnosi presunta. Non è obbligatorio, ma è la futura mamma a decidere se sottoporsi al prelievo. Rispetto al test combinato, quello del Dna fetale presenta maggiore accuratezza in termini di specificità e valore predittivo. Attualmente il test non è erogato dal Ssn. La spesa è a carico della coppia e ha un costo medio di 400-1000 euro.
DIAGNOSI PRENATALE INVASIVA:
VILLOCENTESI: tra l'11a e la 13a settimana
Questo esame prevede l'introduzione di un ago nella placenta, passando per l'addome materno, per il prelievo di una piccola porzione di villi coriali da far analizzare. Il test consente di accertare eventuali anomalie congenite, come la sindrome di Down, la sindrome di Patau o la sindrome di Edwards, o malattie genetiche, come la fibrosi cistica, la distrofia di Duchenne-Becker e la talassemia. La villocentesi, considerata “invasiva”, comporta un rischio di aborto compreso tra l'1 e il 2%. È facoltativa. La villocentesi viene suggerita alle donne che hanno avuto esiti positivi agli altri test di screening prenatale (come il test combinato o il test del Dna fetale), a chi ha familiari con malattie genetiche note o a chi ha già un figlio affetto da una patologia cromosomica.
AMNIOCENTESI: tra la 15a e la 18a settimana
Questo esame consiste nel prelievo di un campione di liquido amniotico, attraverso l'introduzione di un ago nell'addome materno fino a raggiungere l'utero. Il test permette di accertare la presenza, o meno, di eventuali anomalie congenite, come la sindrome di Down, la sindrome di Patau o la sindrome di Edwards, o di malattie genetiche, come la fibrosi cistica, la distrofia di Duchenne-Becker e la talassemia. L'amniocentesi, che per le modalità di esecuzione viene considerata invasiva, comporta un rischio di aborto inferiore all'1%. È facoltativa.